Con Daniel Kahneman, secondo psicologo vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 2002, siamo felici di inaugurare la nuova rubrica di Nudge Italia sulle persone che sono i punti di riferimento per chiunque voglia avvicinarsi e conoscere l'Economia Comportamentale.
Perché mai noi, che preferiamo stare dalla matematica il più lontano possibile, dovremmo interessarci di statistica, campionamento e media? Che cosa c’entra la media con i piloti d’aereo? Kahneman, psicologo israeliano e vincitore del Premio Nobel in Economia nel 2002, ci spiega perché è importante considerare uno dei principali indici statistici descrittivi: la media.
Egli era incaricato di tenere lezioni ai piloti dell’aeronautica israeliana relativamente alla presa di decisione in contesti di incertezza. Kahneman scoprì che gli istruttori erano convinti – in seguito ad un gran numero di esperienze sul campo – che le punizioni o i rimproveri per gli errori commessi dai piloti fossero il giusto mezzo per migliorarne le prestazioni di volo. Si erano accorti, infatti, che quando ad un comportamento scarso seguiva un rimprovero, la prestazione successiva dei piloti migliorava; al contrario, quando ad una manovra di volo corretta si faceva seguire un rinforzo, la prestazione immediatamente calava. Ma è davvero così?
Apparentemente gli istruttori hanno ragione, ma, se analizziamo a fondo la questione, ci accorgiamo di un effetto che spiega l’andamento delle prestazioni, sia nel campo aereonautico sia nella vita di tutti i giorni. Questo effetto è noto come regressione verso la media: i risultati eccezionalmente buoni o eccezionalmente cattivi rispondono a complesse leggi di casualità; questo fa sì che, dopo aver ottenuto un esito estremo (in positivo o in negativo), l’esito della misurazione successiva tenderà ad essere più vicino alla media. Dopo una manovra di volo particolarmente scorretta (molto sotto la media), il pilota migliorerà la sua performance, che tenderà ad avvicinarsi alla prestazione media, indipendentemente dal rimprovero proveniente dall’istruttore.
La regressione verso la media, quindi, potrebbe spiegare perché i rimproveri talvolta appaiono migliori delle lodi; pensate, ad esempio, all’effetto che questo potrebbe sortire in ambito scolastico o lavorativo, se gli insegnanti e i datori di lavoro non sono adeguatamente informati e formati.
Prendere consapevolezza di questo tipo di effetti è il primo passo per modificare il nostro comportamento.
FONTE:
Kahneman, D. (2012). Pensieri lenti e veloci. Milano: Mondadori
Condividiamo anche qui un’interessantissima animazione su uno dei capisaldi dell’economia comportamentale, il testo “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman.
Dopo aver
mostrato cosa può comportare un semplice cambiamento nelle alternative di
scelta a livello di decision making, vediamo oggi l’effetto di un fenomeno per
certi versi opposto, ma che concerne, come il precedente, il modo in cui viene
presentato il problema. Cosa succede se a cambiare non sono le alternative di
scelta ma il modo in cui viene presentato il problema, la cosiddetta “cornice”?
ESPERIMENTO 2
Premessa:
Daniel Kahneman e Amos Tversky (1981) hanno osservato che uno stesso problema, presentato
in modo differente, può spingere il soggetto a compiere scelte diverse. Questo
fenomeno è stato definito “effetto framing”. Per testarlo abbiamo esposto ai
nostri studenti il problema della pericolosità delle carni lavorate, che qualche anno fa è passato alla cronaca allarmando milioni di italiani circa la loro
cancerogenicità, ma che in realtà non comportava un rischio così elevato.
Metodo e partecipanti: sono stati
reclutati 140 studenti dell’Università IULM di Milano, i quali sono stati divisi in due gruppi, ciascun gruppo è stato poi sottoposto a una diversa condizione dell’esperimento.
Nella condizione di controllo (76
soggetti), i dati inerenti la pericolosità delle carni lavorate sono stati riportati così come sono stati divulgati dai media qualche anno fa. Il quesito recitava in questo modo:
“Per chi non
mangia mai carni lavorate, il rischio di contrarre un cancro al colon nell’arco
della vita è del 5%. Per chi mangia 50g di carni lavorate ogni giorno della
sua vita, il rischio relativo di contrarre un cancro al colon nell’arco della
vita aumenta del 18%. Su 100 persone, quante probabilmente
contrarranno un cancro al colon nell’arco della loro vita mangiando 50g di carni lavorate ogni giorno”
A circa 5 B circa 18 C circa 6 D circa 23
Nella
condizione sperimentale (62 soggetti) le alternative di risposta sono rimaste le
stesse, ma i ricercatori hanno cambiato la modalità tramite la quale hanno espresso l’incremento del rischio di
contrarre il cancro, non più quantificato per mezzo di una percentuale
relativa, ma tramite una percentuale assoluta:
“Per chi non
mangia mai carni lavorate, il rischio di contrarre un cancro al colon nell’arco
della vita è del 5%. Per chi mangia 50g di carni lavorate ogni giorno della
sua vita, il rischio di contrarre un cancro al colon nell’arco della vita
aumenta dell’1%. Su 100 persone, quante probabilmente
contrarranno un cancro al colon nell’arco della loro vita mangiando 50g di carni lavorate ogni giorno”
A circa 5 B circa 18 C circa 6 D circa 23
Ipotesi: essendo i due problemi identici da
un punto di vista matematico, la scelta corretta dovrebbe ricadere in entrambi
i casi sulla risposta C (circa 6). Ma le due diverse “cornici” potrebbero
portare i soggetti a diverse tipologie di scelte.
Risultati: nella condizione di controllo, solo il
13,2% dei soggetti ha sostenuto che a contrarre il cancro sarebbero stati 6 soggetti su
100, la risposta corretta. Nella condizione sperimentale, invece, ben il 34,4% dei
soggetti ha risposto correttamente, mentre tutte le altre risposte sono state scelte
da un minor numero di soggetti.
Discussione: i risultati mostrano come una
semplice variazione della cornice, ovvero del modo in cui vengono riportate le
informazioni, possa portare a scelte completamente diverse. È ipotizzabile che
nella condizione di controllo, i soggetti abbiano tralasciato il collegamento
tra la percentuale 18% e la parola “relativo”, questo ha spinto loro a considerare l’incremento
relativo del 18% come sconnesso dal 5% richiamato all’ inizio del problema, e
quindi a sovrastimare le possibilità di cancro al colon. Nella condizione sperimentale,
la percentuale assoluta dell’1% ha invece facilitato i soggetti nella
comprensione del problema, portandoli a optare per la scelta corretta. La
soluzione del problema, nella fase di controllo, sta infatti nel calcolare il 18%
di 5% e di sommare il risultato ottenuto al rischio iniziale. I 18% di 5
corrisponde pressoché a 1, il che ci riporta facilmente alla seconda cornice
del problema, espressa nella condizione sperimentale.
Conclusione: L’effetto framing fa sì che le
persone, poste davanti a problemi identici nel contenuto, ma che variano nel
modo in cui sono presentati, inquadrino in maniera diversa il problema, giungendo
così a soluzioni diverse a seconda dell’inquadramento adottato, soluzioni
soggettive e non razionali. L’impatto di questo fenomeno è molto più esteso di
quanto si possa immaginare, riguardando la nostra percezione del rischio come
evidenziato in questo studio, le nostre scelte economiche, quelle relative alla
salute e molte altre. L’effetto della manipolazione delle informazioni si
rivela così di fondamentale importanza, pensiamo per esempio quanto inutile
allarmismo si sarebbe evitato se gli studi sulle carni lavorate fossero stati
trasmessi con una cornice simile a quella riportata nella condizione
sperimentale. Siamo veramente razionali come pensiamo? La risposta è ancora
negativa.
La complessità dei problemi che ci troviamo davanti nella vita di ogni giorno fa sì che, molto spesso, si mettano in atto delle decisioni che solo all’ apparenza sembrano razionali e coerenti o che spesso ci si lasci guidare da dinamiche di semplificazione che facilitano l’intero processo decisionale. In questi casi, quando la decisione non è frutto di un pensiero razionale, le informazioni provenienti dal contesto, piuttosto che quelle inerenti il contenuto del problema, possono influenzare la nostra presa di decisione e il nostro conseguente comportamento messo in atto. Il gruppo di ricercatori di Nudge Italia ha voluto verificare questo fenomeno attraverso alcuni semplici esperimenti. Presenteremo oggi il primo di questi.
Esperimento 1
Premessa: alternative diverse nella soluzione di uno stesso problema possono influenzare il soggetto e condurlo a decisioni differenti. Questo processo di scelta irrazionale è stato esaminato da Dan Ariely, professore di psicologia e Behavioral Economics, che ha ripreso un questionario uscito sul settimanale The Economist per sottoporlo a un gruppo di soggetti. Dan Ariely, accortosi che una delle alternative proposte dal questionario non veniva scelta da nessuno, ha creato una identica versione del questionario, cambiando però le alternative di scelta e lo ha somministrato ad un altro gruppo di soggetti ottenendo risultati sorprendenti.
Metodo e partecipanti: il questionario di
The Economist
è stato utilizzato anche dal nostro team e somministrato a un campione di 140 partecipanti, composto da studenti dell’Università IULM di Milano.
Il questionario recita in questo modo:
“immagina di dover sottoscrivere un abbonamento ad una rivista di tuo interesse. Hai diverse possibilità di scelta. Traccia una X di fianco all’abbonamento che preferisci”
Nella condizione di controllo, il questionario comportava 3 possibilità di risposta, così come quello proposto da The Economist:
A € 59: abbonamento in formato digitale;
B € 125: abbonamento in formato cartaceo;
C € 125: abbonamento in formato digitale e cartaceo.
Questa versione è stata somministrata a un primo gruppo di soggetti composto da 82 persone.
Nella condizione sperimentale, così come in quella elaborata da Ariely, è stata eliminata una possibilità di risposta (opzione B) poiché nell’esperimento di Ariely non è stata scelta da nessun partecipante:
A € 59 abbonamento in formato digitale;
B € 125 abbonamento in formato digitale e cartaceo.
Questa versione è stata somministrata a un secondo gruppo di soggetti composto da 58 persone.
Ipotesi: Dan Ariely ha eliminato l’alternativa “nulla” - l’abbonamento in formato cartaceo - in quanto nessuno l’ ha scelta poiché palesemente meno conveniente delle altre. Se fossimo realmente degli esseri razionali questa soluzione, non trovando alcun riscontro, non dovrebbe influenzare la nostra decisione in merito alle altre due opzioni di scelta rimaste. In seguito all’ eliminazione dell’opzione nulla, la nostra scelta dell’abbonamento dovrebbe ricadere sulla stessa alternativa che abbiamo scelto inizialmente, senza essere influenzati da fattori esterni, in questo caso, l’eliminazione di un’opzione.
Risultati: tra gli studenti dell’Università IULM, nella condizione di controllo la maggioranza dei soggetti (51,2%) ha scelto l’abbonamento in formato sia digitale che cartaceo, il 31,7% ha scelto l’opzione dell’abbonamento digitale e solo il 17,1% ha scelto l’abbonamento cartaceo. Nella condizione sperimentale invece, il risultato si è invertito il 67,2% delle preferenze è ricaduto sull’abbonamento digitale contro un 32,8% di preferenze per quello digitale e cartaceo. Lo stesso trend di risultati è emerso dallo stesso esperimento condotto da Dan Ariely.
Discussione: come facilmente prevedibile, la soluzione corrispondente all’abbonamento cartaceo nella condizione di controllo ha ottenuto pochissimi consensi. Per quanto essa possa essere ritenuta inutile come alternativa di scelta, si rivela invece un elemento chiave nel far comprendere alle persone quello che realmente vogliono, perché la sua semplice presenza fa sì che le persone la comparino alle altre possibilità, producendo decisioni differenti. Ecco quindi che, nella condizione di controllo, l’ipotesi di avere un abbonamento cartaceo e digitale allo stesso prezzo di uno esclusivamente cartaceo si rivela un’offerta imperdibile. Un’offerta che non è stata presa allo stesso modo in considerazione quando, nella condizione sperimentale, non c’era un’alternativa che rendesse saliente quanto fosse conveniente.
Conclusione: Questo semplice esempio testimonia come in situazioni di incertezza, in cui non conosciamo le nostre preferenze così bene, siamo soggetti a tutte le influenze esterne. Per uno stesso compito, basterà una variazione nelle alternative di scelta per farci “ancorare” ad un’ alternativa iniziale differente che ci porterà di conseguenza a una scelta diversa. Questa particolare situazione è stata definita da Kahneman e Tvesky (1974) come “euristica dell’ancoraggio”, dove per euristica si intende una “scorciatoia di pensiero” che interviene in alcune prese di decisione per permetterci di risparmiare tempo e risorse impiegate, ma che non sempre si rivela funzionale, portandoci così a sbagliare.
A seguito di questo esperimento possiamo già rispondere alla domanda che fa da titolo a questo articolo: “Siamo veramente razionali come pensiamo?”. La risposta è no. Questo studio dimostra quanto razionalità e consapevolezza non siano altro che un’illusione. Ma sono molti i contesti in cui le nostre scelte vengono prese in condizioni che sfuggono completamente alla nostra razionalità. Per un ulteriore approfondimento, vi invitiamo a leggere la nostra prossima pubblicazione che riguarderà un esperimento sulla percezione del rischio derivante dall’assunzione delle carni lavorate.
Questo articolo ci spiega cos’è la Teoria del Prospetto, sviluppata da Kahneman e Tversky per spiegare in che modo le persone prendano decisioni in situazioni di rischio.
Una serie di brevi animazioni ci raccontano il libro “Pensieri Lenti e Veloci” di Daniel Kahneman. In questo primo episodio, si parla del Sistema 1 e del Sistema 2, utilizzati dall’autore come metafora utile a comprendere in che modo in che modo prendiamo decisioni nella vita quotidiana.