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Rischio e decisioni di investimento

Contenuto elaborato da: Luigia Barzaghi

La percezione del rischio: dalle teorie normative a quelle descrittive 

La decisione è la capacità di valutare e di scegliere, all’interno di un ventaglio di opzioni differenti, quella che possa garantirci il miglior risultato possibile. Alcune decisioni sono facili e rapide da prendere perché le prendiamo spesso, magari quotidianamente, ne conosciamo l’esito e ci sono poche variabili da considerare. Altre sono complesse. In alcuni casi, prendere una decisione è un processo difficile che non si esaurisce in un singolo atto, ma si svolge in un arco di tempo più lungo e richiede l’apporto di competenze cognitive ed emotive. Sono complesse, ad esempio, le decisioni che riguardano i risparmi.

Posto di fronte ad una decisione di investimento, il risparmiatore deve considerare diversi fattori quali: la ricchezza a disposizione, l’orizzonte temporale, il rendimento atteso, il rischio. Il rischio relativo ad un prodotto finanziario è direttamente collegato al suo rendimento atteso: maggiore è il rendimento atteso, maggiore è il rischio. In ambito finanziario, il termine tolleranza al rischio si riferisce alla quantità massima di fluttuazione, di variabilità del valore del portafoglio che un risparmiatore è disposto ad accettare e dipende da molteplici fattori, tra cui il livello di cultura finanziaria, la personalità, la percezione di abilità, lo stato emotivo del momento.

Cos’è il rischio? 

“ Il rischio nasce dal non sapere cosa stai facendo ” - Warren Buffett 

“ Il più grande rischio è: non prendersi nessun rischio ” - Mark Zuckerberg

Warren Buffett è considerato uno dei più grandi investitori di tutti i tempi. La sua affermazione si basa su una considerevole cultura finanziaria ed un’enorme esperienza. L’affermazione di Zuckerberg si basa su un approccio economico in cui l’assunzione del rischio è una condizione indispensabile per l’imprenditore.

Per una persona conservatrice il rischio può essere identificato col pericolo e, pertanto, nella scelta tra le diverse alternative si concentrerà maggiormente sull’evitamento dei possibili esiti negativi. Una persona ottimista, invece, evidenzierà soprattutto i possibili risultati positivi della situazione decisionale. 

Come può essere valutato il rischio secondo le teorie normative e descrittive?

Le teorie normative definiscono la “scelta razionale” che dovrebbe essere compiuta da un “individuo pienamente razionale”:  l’homo oeconomicus. Sono teorie elaborate da matematici ed economisti. Nell’approccio alla valutazione del rischio, le teorie normative prevedono l’utilizzo del Valore Atteso (Expected Value - EV). L’EV è il risultato di un calcolo matematico: il decisore moltiplica il valore assoluto di ogni opzione  possibile (per esempio, la somma di denaro che potrebbe guadagnare o perdere in un gioco, in una transazione) per la probabilità che l’opzione stessa si verifichi. Secondo le teorie classiche, il decisore, alla fine, dovrebbe scegliere l’opzione con il maggiore Valore Atteso.

Ma ci comportiamo realmente così ogni volta che prendiamo una decisione in condizioni di incertezza? La risposta è no. Ci sono, infatti, delle criticità che ostacolano l’utilizzo dell’EV. Una di queste si riferisce al fatto che l'uso del Valore Atteso è appropriato solo in situazioni decisionali che si incontrano molte volte ed essenzialmente nella stessa forma (esempio: lancio dadi, lotterie).

Grazie agli studi di Bernoulli (1738), ripresi da  von Neumann e Morgenstern (1947), un migliore approccio al rischio, da un punto di vista normativo, prevede l’applicazione della teoria dell’Utilità Attesa (Expected Utility Theory - EUT). La formula dell’EUT differisce dalla formula dell’EV per il fatto che il decisore moltiplica la probabilità di accadimento di un evento futuro per il livello di utilità del risultato associato. L’utilità è un fattore soggettivo.La forma della funzione di utilità dipende, quindi, dalla nostra attitudine verso il rischio e, di conseguenza, ciascun individuo ha una differente funzione di utilità: se siamo avversi al rischio, rifiutiamo una scommessa preferendo una quantità di denaro pari al suo valore atteso; se siamo propensi al rischio, accettiamo la scommessa; se siamo neutrali, allora le due opzioni sono indifferenti per noi.

Con la Prospect Theory (PT), elaborata dagli psicologi Kahneman e Tversky nel 1979, entriamo nell’ambito delle teorie descrittive. Mentre il fine della teoria classica è quello di stabilire le condizioni ideali (normative) secondo cui una decisione può essere definita “razionale”, la PT si propone di fornire una descrizione di come gli individui effettivamente si comportano di fronte a una decisione. La PT si focalizza in particolare sulle decisioni in condizione di rischio, che sono definite come le scelte in cui si conosce (o si può stimare) la probabilità associata ai possibili esiti di ogni alternativa a disposizione.

La funzione di utilità viene sostituita dalla funzione di valore. La differenza tra le due sta nel fatto che nella funzione di valore le probabilità degli eventi possibili vengono ponderate attraverso un valore soggettivo  che rappresenta il ‘'peso'’ che ogni esito ha nella valutazione dell'individuo. Nella valutazione dell’attitudine al rischio dell’individuo vengono inseriti fattori psicologici: status quo, frame, avversione alle perdite, effetto certezza.

1) Status quo. È il punto di riferimento, di partenza.Nel processo decisionale, non ci limitiamo a considerare come massimizzare la nostra utilità (come sostengono la EV e la EUT), ma confrontiamo le opzioni in gioco in relazione ad un nostro punto di riferimento soggettivo, ovvero il nostro status quo.

2) Frame. Si riferisce al contesto in cui l'individuo si trova ad operare la scelta.Il frame e, in particolare, il modo in cui il problema viene formulato, influisce sul modo in cui l'individuo percepisce il punto di partenza, o status quo, rispetto a cui valutare i possibili esiti delle proprie azioni. A seconda di come vengono “incorniciate” dal punto di vista linguistico, due opzioni identiche possono apparire o come un guadagno o come una perdita rispetto allo status quo. 

3) Avversione al rischio nell’ambito dei guadagni e propensione al rischio nell’ambito delle perdite. Per la maggior parte degli individui la motivazione ad evitare un’ulteriore perdita è superiore - di circa 2,5 volte - rispetto alla motivazione a realizzare un guadagno addizionale. Le perdite sono percepite come maggiormente dolorose rispetto delle vincite. Ecco allora la propensione al rischio nell’ambito delle perdite: siamo disposti a rischiare il tutto per tutto  pur di evitare un’ulteriore dolorosa perdita. 

4) Effetto certezzaGli individui preferiscono un evento certo ad uno solo probabile.Quando gli individui devono scegliere tra un ventaglio di opzioni che presentano tutte esiti positivi, tendono ad attribuire un peso maggiore agli esiti certi rispetto a quelli probabili, anche se questi ultimi hanno un valore atteso maggiore.

A questo punto, prima di decidere tra diverse opzioni di investimento, soffermiamoci un attimo e testiamo la nostra tolleranza al rischio con il “Risk Tolerance Quiz” (al presente link è possibile trovare una versione tradotta in italiano del quiz con un’analisi del contenuto delle domande. La versione originale del quiz è presente in bibliografia). È infatti preferibile non investire in asset rischiosi se la nostra tolleranza al rischio è minima con la conseguenza  di passare notti insonni e provare rammarico e rimorso per la decisione presa. Il test è stato sviluppato, testato e pubblicato nel 1999 da due docenti universitari  di Finanza: John Grable e Ruth  Lytton. Il Risk Tolerance Quiz è stato ed è ampiamente utilizzato da risparmiatori,  consulenti finanziari e ricercatori per valutare la disponibilità ad impegnarsi in un comportamento finanziario rischioso. Non esistono risposte corrette e risposte sbagliate e il profilo che deriva, dalle risposte, non rappresenta un'informazione di per sé sufficiente per decidere se e come investire. Facciamoci consigliare da un consulente finanziario esperto.


BIBLIOGRAFIA:

Kahneman, D., & Tversky, A. (1979). Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk. Econometrica, 47(2), 263-292.

Investment Risk Tolerance Quiz (original version)

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